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Esclusiva. Hubner: “Brescia è una parte del mio cuore”

Tatanka, il bisonte torna a parlare del Brescia e della sua carriera leggendaria. Un attaccante che è entrato nella storia non soltanto per i suoi gol innumerevoli (oltre 300) ma per l’umiltà da mezzadro giuliano.

Un esponente di un calcio antico, tradizionale – e perché no, un filo nostalgico – che affonda con l’aratro nella storia italiana del pallone. Un’ispirazione al catenaccio di Nereo Rocco, (non a caso sono due triestini) la cui strategia contropiedistica si è rivelata foriera di successi.

Non è più il calcio che piace a me“, la sintesi del pensiero di Dario Hubner, direttore tecnico dell’Accademia Fabrizio Lori, (squadra dell’ex Presidente del Mantova) composta da ragazzi disabili.

Tatanka è emblema del calcio spontaneo. Dopo mille peripezie ha raggiunto la massima serie con il Brescia a trent’anni suonati ma questo non gli ha impedito di ammutolire San Siro all’esordio con un colpo mancino all’incrocio dei pali. “Ricordo con piacere il primo gol contro l’Inter ma la tripletta con la Sampdoria della settimana successiva è quella che è rimasta più impressa nella mente dei tifosi“.

La sincerità, non servono molti segreti per svelare cosa sia l’istinto del gol. “Si è bomber nel Dna, l’intuito nel capire dove dovrebbe finire il cross di un compagno e la capacità di leggere la situazione non possono essere insegnati. Poi anche gli schemi danno una grossa mano“.

Ma c’è un dato di cui tenere conto, la Serie A che ha affrontato era un pochino diversa da quella di oggi. “Prima di calciare in porta bisognava liberarsi dalla marcatura di difensori come Maldini, Stam e Mihajlovic. Il calcio moderno è cambiato, si predilige chi sa impostare il gioco rispetto a chi difende“.

Nessuna disaffezione, basta scavare un minimo che l’ex attaccante del Brescia, dimostra di conoscere bene il destino biancazzurro. “Seguo il Brescia perché è una parte del mio cuore. Aspetto la fine mercato per emettere un giudizio complessivo. Al momento la squadra non mi sembra completissima per puntare alla A. La concorrenza è agguerrita con 7/8 squadre che vogliono la promozione. Lo scorso anno troppi punti persi nei minuti finali, serve maggior carattere e una rosa lunga“.

Un altro ex Brescia, Alfredo Donnarumma ha ricalcato (in modo più modesto) la carriera di Hubner, in grado anche lui di segnare con la maglia delle rondinelle all’esordio nella massima serie dopo tanti anni di gavetta. “Ogni attaccante ha le proprie caratteristiche, pregi e difetti impossibili da replicare. Vale per Inzaghi, Protti, me e anche per Donnarumma. Alfredo Donnarumma fa tanti gol, è un attaccante bravo a buttarla dentro. Ma come ripeto spesso, il merito per i gol di un attaccante spetta al 60% ai compagni di squadra. Non appena ho l’occasione, io ringrazio i compagni che ho avuto nella carriera, senza di loro non avrei segnato tutti i gol che ho fatto“.

Merito del gruppo anche quando si valutano le capacità di un allenatore: “I tecnici bravi, allenano squadre forti, il Trap ha vinto con tante squadre ma si è dimesso dalla guida tecnica del Cagliari. I campionati si vincono con le rose competitive“.

L’essenza di Hubner è senza filtri, sincera, un manifesto al calcio senza sovrastrutture che difficilmente tornerà indietro.

Il calcio è la cosa più semplice del mondo, si è evoluto inserendo troppi parametri statistici. In questo modo si vende anche tanto fumo. Dal risultato finale si può comprendere l’andamento di una partita“.

La saggezza dell’uomo di campagna, tra un gol ed una sigaretta. In fondo basta guardare una partita di calcio per essere felici.

 

 

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