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Arcari: “In debito con il Brescia che mi ha riportato nel grande calcio”

Il portiere intervistato nell’ambito dei video per i 110 anni

Dopo Salvi, Hubner, i campioni del mondo e la lettera di Mazzone la nuova intervista del Brescia per i 110 anni della società vede protagonista Michele Arcari. Il portiere primatista di imbattibilità in biancoblù ha parlato a 360 gradi del suo lunghissimo periodo al Brescia.

GLI ESORDI“Nel gennaio 2006 sono stato chiamato dal preparatore dei portieri Violini che mi aveva allenato alla Cremonese. Serviva qualcuno per tamponare i problemi di infortuni di Viviano e Agliardi e ho finito per giocare tutta la stagione. Dopo il ritorno alla Pro Patria il Brescia mi ha ripreso con sé nel 2007 e sono tornato titolare nel 2009, dopo la cessione al Bologna di Viviano. Da lì siamo stati promossi e anche se ci abbiamo giocato solo un anno ho assaporato la Serie A. Ero convinto di aver smesso con il grande calcio prima di questa grande opportunità col Brescia e quindi mi sentivo in debito”.

LA PRIMA PARTITA IN A“La prima fu con il Napoli: emozione abbastanza controllata perché l’avevo preparata in settimana, ma è stata forte perché era la realizzazione di un sogno di bambino. Direi alla pari con la vittoria ai playoff col Torino dell’anno prima. Su tutti gli avversari, Eto’o era di un altro pianeta, mentre un giocatore  molto forte ma che per varie vicissitudini era finito in B, Pinilla, ci segnò 3 gol in una partita. Ne avevamo anche noi, però: Diamanti e Sodinha non ti facevano vedere palla”.

IL RITIRO“Amavo e amo questo sport, ma bisogna fare i conti con l’età e le esigenze di una società. A luglio 2017 Castagnini e Sagramola, allora ds e direttore generale, mi dissero che non si sentivano di farmi fare il terzo portiere e che puntavano su di me come preparatore: è stata una bella “botta” ma penso di aver mollato nel momento giusto. Un mese dopo poi c’è stata la cessione a Cellino e sono ancora qui a lavorare per il Brescia. La struttura costruita a Torbole è straordinaria, da giocatore mancava qualcosa, si lavora in tutt’altro modo”.

IL RECORD“Una cosa di cui sono orgoglioso è il record di 907 minuti: ero partito come secondo di Leali nel 2011-12, ha cominciato ad andar male e in zona calda della classifica sono tornato titolare. Abbiamo finito per non prendere gol per 10 partite, non saprei neanche dire il segreto: un insieme di circostanze, squadra, difesa e consapevolezza dei nostri mezzi. Abbiamo sfiorato i playoff nonostante a metà campionato fossimo in zona retrocessione. Nel momento del record lo stadio si è fermato, e poi ha applaudito al momento del gol, anzi dell’autogol che lo ha interrotto. Sono felicissimo di esserci stato per i 100 anni, di essere qui per i 110 e sarebbe bello esserci ancora per i 120″.

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