Il paragone tra Massimo Cellino e Gino Corioni è sempre più azzeccato, soprattutto dopo la solitudine post sentenza del Tribunale
Il compleanno più triste: è questo quello che avrà pensato Massimo Cellino che ha spento oggi 66 candeline all’indomani della sentenza sul sequestro di 59 milioni di euro. Quasi distaccato dalla città che lo ha accolto a braccia aperte ormai cinque anni orsono, si è trovato improssivamente solo con pochi attestati di stima.
Subito il paragone con Giro Corioni viene naturale: quante volte l’ex presidente ha chiamato invano all’appello i numerosi industriali bresciani? Per lo stadio non è mai stato ascoltato con una visione rivoluzionaria mai veramente apprezzata fino in fondo: in vent’anni di presidenza ha portato il grande calcio a Brescia senza però avere aiuti per mantenere quel livello.
Cellino nel suo insediamento all’ombra del Cidneo aveva parlato di una piazza troppo abituata alla mediocrità: con lui però è arrivatata una promozione e un’immediata retrocessione con troppe colpe societarie tra mercato e troppi allenatori cambiati.
Corioni e Cellino quindi, due uomini soli al comando: quella naturale necessità di imporre la propria idea a trecentossesanta gradi ha inevitabilmente allontanato tutti. Brescia si aspetta un’inversione di tendenza per aprire finalmente un progetto vincente.