Come scrive Bresciaoggi, è più realistico guardarsi alle spalle e aspettare che Maran veda svuotarsi l’infermeria. Contro Carrarese e Salernitana la squadra era in piena emergenza: ben 7 i titolari assenti (lo squalificato Verreth; gli infortunati Cistana, Fogliata, Galazzi, Nuamah; i febbricitanti Lezzerini e Moncini) e la panchina ridotta all’osso pur avendo cambi di un certo tipo (Bjarnason, Bianchi, Juric).
Ma è così dall’inizio della stagione. Forse soltanto all’andata contro il Frosinone, la rosa biancazzurra era al completa. Poi Maran, e anche Pierpaolo Bisoli nella sua sfortunata parentesi, hanno sempre dovuto fare i conti con le assenze, spesso concentratesi in un solo reparto. Dal presidente Cellino, ci si aspettava un mercato meno scarno, che portasse quantomeno quel puntello in più in difesa e a centrocampo che avrebbe potuto irrobustire non solo la rosa ma le ambizioni e dare maggiore possibilità di scelta (e di cambi adeguati) all’allenatore.
Si è preferito limitarsi al solo D’Andrea, arrivato in prestito dal Sassuolo, prossimo avversario dei biancazzurri sabato a Reggio Emilia, a fronte di due defezioni (Paghera alla Spal e la rescissione di Buhagiar, poi finito in Armenia). La mancanza di investimenti sul mercato invernale da parte di Cellino può avere una triplice spiegazione: 1) il presidente ritiene che questa rosa, così com’è, possa puntare a traguardi ambiziosi. Al completo, va ribadito, è tra 7° e 12° posto, tra la qualificazione ai play-off e la metà classifica; 2) Cellino non crede più nella possibilità di inserirsi nella lotta al vertice e ha preferito non investire altre risorse; 3) Un discorso che andrebbe più approfondito: il numero 1 è stanco, si sente sempre più lontano da questa piazza, da questa maglia, dalla causa in generale. E potrebbe non vedere l’ora di passare la mano. Ma all’orizzonte non si intravede a chi.
Tutto questo porta a uno scoramento che, dal vertice si propaga alla squadra, a chi ci lavora a contatto, alla piazza.